Il 31.12.2023 è stata la deadline per la conclusione dei cantieri aventi ad oggetto lavori di efficientamento energetico rientranti nell’agevolazione fiscale al 110%.
I lavori eseguiti e pagati oltre quella data, infatti, avendone i requisiti, potranno continuare a fruire dei benefici fiscali ma nella minor misura di una detrazione pari al 70% del credito di imposta.
Un solo giorno, quindi, può incidere sui costi sostenuti per la ristrutturazione nella misura non indifferente del 40%.
Si è parlato e discusso molto si chi sia il soggetto tenuto a scontare le conseguenze di questo cambio peggiorativo dell’aliquota, se il committente, o se, invece, l’impresa appaltatrice dei lavori.
La risposta, come sempre accade, non è univoca, ma va individuata comparando attentamente i vari elementi di fatto a cui applicare il dettato di legge.
Nel caso specifico del Superbonus non sono ancora molte le sentenze che si sono espresse per dirimere tali questioni, trattandosi di fattispecie relativamente recente, se non altro per i suoi risvolti civilistici.
Tra le sentenze più interessanti che possono fornire utili elementi per stabilire i confini delle responsabilità dell’impresa e individuare i criteri per quantificare l’eventuale danno risarcibile meritano sicuramente cenno la sentenza del Tribunale di Pavia del 20 ottobre 2023 e la sentenza del Tribunale di Frosinone del 2 novembre 2023, n. 1080.
In entrambi i casi esaminati, i Tribunali hanno giudicato responsabili le imprese che avevano abbandonato i cantieri senza concludere i lavori, essendo stato accertato che la mancata conclusione dei lavori era dipesa da fatto alle medesime imputabile.
In tali ipotesi, il committente, a sua scelta, può decidere di agire per la risoluzione del contratto, oppure per l’adempimento dello stesso, ancorché tardivo, slavo in ogni caso il diritto al risarcimento del danno.
Danno che dovrà essere quantificato, evidentemente, nelle spese e costi che il committente ha dovuto subire a causa dell’inadempimento dell’impresa, anche in termine di mancata o ridotta fruizione dei benefici fiscali.
Così, da un lato, il Tribunale di Pavia ha condannato l’impresa a risarcire al committente i costi aggiuntivi rappresentati dai mancati risparmi di energia e gas di cui il committente avrebbe beneficiato se il cantiere fosse stato concluso per tempo; dall’altro, il Tribunale di Frosinone, ha condannato l’impresa a risarcire al committente il differenziale tra la maggior aliquota del 110% che gli sarebbe stata riconosciuta se il 30% dei lavori fosse stato concluso entro il 30.09.22 (come imposto dalla normativa fiscale, trattandosi edificio unifamigliare) e la minore percentuale andata perduta a causa del verificarsi dell’inadempienza, quantificata nella misura del 10% dell’importo dei lavori.
Interessante il ragionamento fatto dal Tribunale di Frosinone per giungere a tale quantificazione del danno.
Nel caso esaminato, il committente non aveva dimostrato di non potere successivamente accedere all’agevolazione nella misura minore del 90%, presentando una nuova pratica edilizia, e quindi, in ossequio ai principi sull’onere della prova, il Tribunale non ha ritenuto giusto, in quanto non provato quale effettivo danno, riconoscergli l’intero differenziale tra la maggiore e la minore aliquota di beneficio fiscale.
Se, invece, tale prova fosse stata fornita, è conseguentemente logico e lecito concludere che il danno risarcibile sarebbe stato pari al 100% dell’importo lavori, in caso di impossibilità di accedere ai benefici anche in misura ridotta; ovvero all’effettiva differenza tra la maggior percentuale perduta e quella minore beneficiata in caso di conclusione dei lavori oltre il termine per il 110% e con fruizione dell’aliquota inferiore.
Questa ultima soluzione è quella che appare calzante per rispondere al quesito posto all’inizio dell’articolo: nel caso in cui i lavori non siano stati conclusi entro il 31.12.2023 per fatto imputabile all’impresa, quest’ultima dovrà corrispondere al committente, a titolo del risarcimento del danno, una somma corrispondente alla differenza tra il 110% delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione e la minor aliquota di beneficio fiscale applicata.
La maggior parte dei contratti stipulati con le imprese dovrebbe contenere clausole su questo specifico punto, in modo da cercare di evitare, per quanto possibile, incertezze al riguardo.
Laddove così non fosse, è chiaro che entrambe le parti potranno tentare di liberarsi dalle conseguenze pregiudizievoli del mancato rispetto del termine, ma portante, come insegnano le sentenze citate, sarà sempre il criterio generale di responsabilità e adempimento, da applicarsi rigidamente supportato da un rigoroso onere della prova.