Il tema dell’energia rinnovabile è divenuto negli ultimi anni di attualità quasi vitale.
Da qui a breve tutti, favorevoli o meno interessati, saremo infatti tenuti ad aggiornare il nostro modo di consumare energia in una direzione ecosostenibile.
Proprio per incentivare questo tipo di transizione gli interventi legislativi dell’ultimo periodo, tra tutti il decreto Rilancio n. 34/20, hanno introdotto agevolazioni fiscali importantissime, addirittura nella misura del 110% (c.d. Superbonus), per chi eseguisse sui propri immobili lavori di efficientamento energetico.
Tra questi interventi, vi è quello di installazione degli impianti fotovoltaici, ossia impianti che, tramite sistemi qualificati di accumulo dell’energia prodotta dal sole, consentono lo sfruttamento dell’energia naturale in luogo di quella artificiale, con notevoli risparmi di consumo, ambientale ed economico.
Atteso che si tratta di una scelta personale, può accadere che il proprietario di un appartamento ubicato in un condominio decida di passare al sistema fotovoltaico per il proprio impianto privato.
Tra i legittimi interrogativi del condomino interessato a questa opzione c’è sicuramente quello relativo a quale debba o possa essere la collocazione dell’impianto fotovoltaico, e se, in caso di collocazione su parti comuni, sia o meno necessaria l’autorizzazione assembleare.
A questa domanda ha recentemente risposto la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1337/2023, pubblicata il 18/03/2023.
Presupposto della risposta al quesito è l’art. 1122 bis c.c., in forza del quale non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative; a patto, ovviamente, che ciò non comporti modifiche delle parti comuni e avvenga nel rispetto della tutela del diritto d’suo degli altri condomini.
Pertanto, nel caso in cui un singolo condomino intenda passare al sistema fotovoltaico ed installare l’impianto su parti comuni, la previa autorizzazione assembleare, necessari anche ai fini della delibera delle modalità esecutive, è richiesta solo nel caso in cui ciò comporti una modifica delle parti comuni stesse.
Nel caso in cui, invece, tale modifica non sia necessaria, il singolo condomino non dovrà essere autorizzato dall’assemblea e l’eventuale parere negativo espresso dalla stessa non potrà impedire la scelta del singolo, che potrà provvedervi a sua propria cura e spese senza la preventiva autorizzazione assembleare.
Unica eccezione a tale principio, ragion per cui è sempre bene informarsi preventivamente e conoscere bene il regolamento condominiale, è l’esistenza di una convenzione condominiale approvata dai condomini, che, nell’esercizio dell’autonomia privata, potrebbe limitare la libertà di scelta individuale a tutela dell’interesse comune.
Fatta questa precisazione, il principio generale è però quello della libertà del singolo condomino a provvedere come da sua volontà (sempre che non ci siano modifiche delle parti comuni interessate dal collocamento).
Pertanto, come chiarito dalla Cassazione con la pronuncia citata, nel caso in cui l’assemblea dovesse rendere parere negativo, il condomino “osteggiato” non avrà alcun interesse ad impugnare la relativa delibera assembleare, in quanto ininfluente rispetto al suo diritto non essendo ciò previsto dalla legge, e potrà quindi direttamente procedere.
All’eventuale autorizzazione o diniego all’installazione di un tale impianto- che non modifichi le parti comuni - espresso dall’assemblea potrà, al più, attribuirsi solamente valore di mero riconoscimento dell’inesistenza, o, viceversa, esistenza dell’interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto all’utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante (Cass. Civ. 1554/97), ma nulla di più.
A parere di chi scrive, questa decisione deve dunque rincuorare i condomini interessati, che possono contare su un’importante tutela del diritto di scegliere in autonomia a che fonte di energia rivolgersi, sempre ovviamente nel rispetto degli altri.
Ciò non toglie che l’eventuale decisione debba essere preceduta da un’attenta disamina preliminare di fattibilità (tra tutte per verificare l’assenza di eventuali convenzioni in deroga, come detto poco sopra), in modo da procedere linearmente e senza ledere gli interessi e diritti altrui, ma certamente quanto sancito dalla Corte di Cassazione è un punto di partenza agevolante.
A quanti siano interessati a procedere in tal senso, o anche solo incuriositi dall’argomento, il nostro studio può fornire un valido supporto per affrontare la questione in modo prudente e consapevole.