Il regolamento europeo generale sulla protezione dei dati personali Ue n. 2016/679 GDPR (General Data Protection Regulation) stabilisce all’art. 8 che l’età minima per potere prestare il consenso al trattamento dei propri dati personali è 16 anni, lasciando però libertà ai singoli stati membri di decidere dove collocare questa soglia a partire dai 13 anni. Ciò significa che certamente un minore che abbia meno di 13 anni non potrà prestare autonomamente il consenso al trattamento dei propri dati personali a norma del GDPR, quale che sia lo Stato membro di riferimento, mentre per i minori di età ricompresa tra i 13 e i 16 anni occorrerà fare riferimento alle singole normative di recepimento nazionale.
L’Italia ha recepito la normativa del GDPR fissando a 14 anni l’età minima a partire dalla quale il minore può prestare autonomamente il proprio consenso per la privacy.
Pertanto, i minori ultra quattordicenni possono liberamente ed autonomamente fornire i propri dati personali e prestare consenso al loro trattamento anche senza l’intervento dei genitori o tutori.
Ma una cosa è il consenso privacy, altra questione è se il minore ultraquattordicenne, dopo avere prestato il consenso privacy a norma di legge, possa anche aderire e prestare consenso ai termini e condizioni generali che disciplinano, ad esempio, la partecipazione a un gioco on – line, oppure a un concorso.
A parere dichi scrive, la riposta è negativa.
L’accettazione di termini e condizioni di gioco, così come, e a maggior ragione, di un concorso a premi e del relativo regolamento, configura infatti la conclusione di un contratto.
A norma dell’art. 2 del codice civile la capacità di agire si acquista a 18 anni, e poiché per concludere un contratto è necessario disporre della capacità di agire, non può che concludersi che chi è minore di 18 anni non può concludere validamente contratti.
D’altra parte è lo stesso art. 8 del GDPR che stabilisce che restano salve e continuano a essere valide ed efficaci le leggi dei singoli stati europei sulla capacità a concludere i contratti.
L’art. 1425 c.c. prevede che il contratto concluso da chi non sia in possesso della capacità di contrarre sia annullabile, ossia sia temporaneamente valido salvo il diritto per il minorenne stesso o per i suoi esercenti la responsabilità di chiederne l’annullamento entro 5 anni dal suo perfezionamento.
Pertanto, mentre per alcuni gesti quotidiani, come l’acquisto di un giornalino in edicola o di una confezione di latte, il contratto – comunque di contratto si tratta- viene convenzionalmente ritenuto valido (anche perché il suo eventuale annullamento non può condurre a particolari conseguenze), per tutti quei contratti che, invece, non rientrino nei gesti di uso quotidiano ed importino l’assunzione di obbligazioni in capo a minore, o per i quali sia comunque presumibile un’onerosità, è necessario il consenso dei genitori o tutori esercenti la responsabilità sul minore.
Per quanto riguarda specificatamente la partecipazione a giochi online, si potrebbe obiettare che molti di essi sono gratuiti, e che al minore non viene chiesta alcuna controprestazione.
In realtà, in questi casi, la gratuità è solo presuntiva.
In primo luogo perché in molti giochi online, solamente i primi livelli di gioco sono gratuiti, e per potere progredire nel gioco passando agli step successivi è necessario versare un corrispettivo in denaro.
Inoltre, a prescindere da ciò, nel momento della registrazione al gioco il minore conferisce i suoi dati, e non sono mancate pronunce giurisprudenziali che hanno evidenziato come ciò rappresenti per il professionista un vero e proprio corrispettivo per il servizio digitale offerto, per cui il relativo contratto deve intendersi a titolo oneroso (ad esempio, Corte d’Appello di L’Aquila, sentenza n. 1659/2021, pubblicata il 9.11.2021, relativa ai contratti di adesione a social network).
A ciò si aggiunga che, giocando, il ragazzino potrebbe crearsi delle dipendenze potenzialmente pericolose (ad esempio stare sveglio la notte) o assumere abitudini che i genitori potrebbero non gradire, a prescindere dalla natura onerosa o gratuita del servizio.
Pertanto, i contratti conclusi da un minorenne possono sempre essere annullati, anche quando si tratta di servizi gratuiti, perché anche in tali casi vi è, in realtà, la cessione di un valore: i dati personali conferiti.
Tale considerazione sulla monetizzazione dei dati personali, impone, pertanto, la necessità che chi ha compiuto 14 anni, e quindi può conferire i suoi dati in rete in autonomia, venga adeguatamente informato e reso consapevole delle finalità per cui tali dati vengono richiesti (a prescindere dalla successiva conclusione di contratti, per quali occorre comunque il consenso del genitore o tutore responsabile).
Alla luce di quanto sopra, dovrà dunque concludersi che, come chiarito e ben sintetizzato dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza:
“Il consenso al trattamento dei dati personali può essere dato autonomamente solo da chi ha compiuto 14 anni. Prima serve l'assenso dei genitori. Altra cosa è stipulare un contratto con un fornitore di servizi digitali: in questo caso è necessaria la capacità di agire che si acquista con i 18 anni. L'articolo 8, comma 3, del Gdpr infatti fa salve le disposizioni generali del diritto dei contratti vigenti in ciascuno stato, quali validità, formazione ed efficacia”.
I Professionisti che offrono servizi digitali dovranno pertanto predisporre termini e condizioni di adesione molto chiari, in cui venga ben evidenziata la necessità del consenso dell’esercente la responsabilità sul minore per tutto ciò che esula dal mero consenso privacy.