Con l'ordinanza n. 7262 del 4 marzo 2022 la Corte di Cassazione ha suggellato un fondamentale principio, spesso dimenticato nei procedimenti relativi all’affido di un figlio minore: ossia il diritto di quest’ultimo a fare sentire la sua voce, ad esprimere le sue preferenze, a motivare le sue scelte e, per quanto concessogli, a decidere della sua vita.
Viene infatti stabilito che, nell'ambito del giudizio di affidamento e di collocamento, il bambino ha il diritto di essere sentito e di dire con quale genitore preferisce stare, configurandosi altrimenti una violazione del principio del contraddittorio che impedisce al Giudice di pronunciarsi validamente sulla richiesta di affido esclusivo eventualmente formulata da uno (o da entrambe) i genitori.
La decisione si fa portavoce di un orientamento giurisprudenziale dalla parte dei minori, i cui reali desideri spesso vengono prevaricati da parte di adulti che, in buona fede, decidono per loro pensando di sapere cosa corrisponda al loro bene, ma a volte ne ignorano i reali interessi e volontà.
Il minore, invece, è portatore di interessi propri e diversi da quelli dei genitori, e costituisce quindi parte sostanziale in tali giudizi, come nel caso di un procedimento sull'affidamento e sul diritto di visita, che non possono prescindere dall’audizione diretta, e non meramente riferita, del punto di vista del minore della cui vita si tratta.Pertanto, il giudice della separazione e del divorzio, che, nel conformarsi al criterio primario dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, in materia di affidamento dei minori (art. 337 bis cod. civ. e, in sede di divorzio, dall'art. 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898) sia chiamato a derogare al regime di affido condiviso e ad individuare il genitore che sembri maggiormente adatto a minimizzare i danni causati dalla disgregazione del nucleo familiare e a garantire lo sviluppo ottimale della personalità del minore, dovrà formulare tale giudizio prognostico necessariamente basandosi sulle indicazioni rilasciate dal minore, anche se infradodicenne, a cui spetterà la scelta del genitore con cui preferisce stare.
Come avvocato, cerco sempre di rivolgere grande attenzione e comprensione alla figura dei figli minori coinvolti, talvolta anche a discapito di alcune scelte più di impatto che mi vengono richieste in ragione di rancori tra i genitori, che non possono e non devono incidere sui figli e sul rapporto tra genitori e figli.
Chi si separa, o divorzia, sono i grandi, non i bambini. E non sempre chi si è rivelato un cattivo marito o una cattiva moglie è un cattivo padre o una cattiva madre.
Quindi, con le dovute cautele e protezione che dobbiamo ai nostri figli, sono profondamente convinta, da sempre, che la loro voce sia importante e, talvolta, dirimente, per cui il fatto di dare voce ai minori infradodicenni anche nelle aule di giustizia, trovo che sia espressione di una concreta evoluzione della giustizia all’insegna del rispetto per i più piccoli, per non dimenticare che nei giudizi di separazione e divorzio le processuali sono solo due, quelle sostanziali, in realtà, sono molte di più, ed è giusto che ciascuna di esse possa esercitare il proprio diritto di parola e, perché no, di difesa.