A seguito della cessazione della relazione sentimentale e della convivenza di una coppia con figli, spesso accade uno dei genitori si trasferisca a vivere lontano.
Questa circostanza, può costituire motivo di affido esclusivo dei figli in favore dell’altro genitore?
La questione è stata affrontata dalla Cassazione con la recente ordinanza n. 15815/2022, che l’ha risolta in senso negativo.
La lontananza tra le abitazioni dei due genitori, infatti, non è sufficiente a derogare al regime di affido condiviso, che è stato introdotto dalla legge n. 54/2006 come regola per la gestione dell’esercizio effettivo della potestà genitoriale sui figli a seguito della cessazione della relazione affettiva, e quindi della convivenza, tra i genitori.
Tale modello è stato ritenuto il più idoneo alla tutela degli interessi del minore, in quanto consente ad entrambi i genitori di potere partecipare in egual misura alla cura e all'educazione dei figli e di prendere assieme le decisioni più importanti che li riguardano (ad esempio quelle relative alla scuola, alla salute, all’educazione), così come avviene quando i genitori sono una coppia.
Oggi, dunque, solo al ricorrere di oggettive ragioni di inidoneità di uno dei due genitori ad esercitare il proprio ruolo il Giudice potrà stabilire l'affidamento esclusivo in favore dell’altro, e dovrà farlo con provvedimento adeguatamente motivato in ordine sia all’inidoneità o carenza manifesta del genitore escluso sia all’idoneità, per contro, di quello affidatario.
Secondo la Corte, il fatto che uno dei genitori viva lontano è una scelta di vita che incide su modalità e tempi della permanenza del minore presso ciascun genitore, ma è ininfluente sulle effettive attitudini genitoriali, che ben possono essere positive anche se i genitori vivono distanti tra loro.
Questo è un tema particolarmente delicato, perché è innegabile che la distanza renda più complicata l’effettiva attuazione della partecipazione paritaria alla vita del minore, se non altro dal punto di vista della presenza materiale (e chiaramente in maniera proporzionalmente crescente all’aumentare della distanza), traducendosi, di fatto, in un maggior carico per il genitore collocatario, che a fronte di tale maggior carico potrebbe richiedere un maggior potere decisionale.
La questione, però, pare doversi risolvere a livello solo organizzativo, perché l’ eventuale minore presenza “fisica” di un genitore non basta a fondare un giudizio di inidoneità tale da giustificare la deroga al sistema dell’affido condiviso e, conseguentemente, la riduzione del diritto di tale genitore ad esercitare la potestà coltivando il rapporto con i figli in maniera paritetica.
Il chiarimento è importante, perché spesso la lontananza è motivo di discussioni tra i genitori, e non di rado accade che vengano posti al legale quesiti proprio in ordine alle conseguenze della scelta di uno dei due di trasferirsi altrove.
Come regola generale si può certamente rispondere che la sola distanza non ha, tra le proprie conseguenze, quella di consentire la deroga al regime di affido condiviso.
Tuttavia, laddove vi sia il dubbio che essa comporti un effettivo ostacolo all’adeguato esercizio della potestà genitoriale in pregiudizio del figlio, sarà sempre bene rivolgersi al legale per valutare in concreto se accanto ad innegabili difficoltà organizzative si configurino anche altri e più gravi profili di criticità.